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    30 April 2012

    Mamma

    (Max Havelaar--Italia, IPERBOREA, 2007, p.40-44)

    Mamma, son tanto lontano
    Dal paese ove la vita
    Mi donasti, ove brillo
    Sul mio ciglio il primo pianto,
    Ove crebbi a te per mano,
    Ove il tuo materno amore
    Mi guidava e conduceva.
    Sempre al vfianco mio, fedele,
    Mi rialzavi se cadevo;
    Ma il destino ha rotto I vincoli
    Che ci univano, crudele!
    Or son qui in remote lidi
    Con me stesso, con Dio, solo!
    Pero, mamma, anche se gioia
    Io provavo oppur dolore
    Non dubitar dell’amore,
    Mamma, del tuo figliolo!

    Or quattr’anni son passati
    Da quand’ero in quella terra
    In silenzio sulla riva
    A scrutare l’avvenire,
    A invocar le cose belle
    Che attendevo dal future.
    Il presente disprezzavo,
    Paradise mi creavo;
    Il mio cuore tra gli intoppi
    Seminati sui miei passi
    Con ardir si apriva un varco
    E beato si credeva.

    Ma quell tempo quanto presto
    Se involato ed e fuggito;
    Come un lampo inafferrabile,
    Come folgore a svanito.
    Oh passando esso ha lasciato
    Trace fonde, si, profonde.
    Ho pensato ed ho lottato,
    Ho gioito ed ho pregato…
    Quasi secoli in un volo!
    Ho cercato la salvezza,
    Ho trionfato ed ho perduto,
    E bambino encore poc’anzi
    In un’ora anni ho vissuto.

    Pero tu mi crederai.
    Per il cielo che mi vede,
    Mamma, tu mi crederai.
    No, non’t ho scordata mai!

    M’invaghii d’una fanciulla.
    Mi sembrava che l’amore
    Abbellisse tutta quanta
    La mi vita, in lei vedevo
    Come un premio alle mi pene
    Inviatomi da Dio,
    E per quella gemma pura
    Ch”Egli aveva a me concesso,
    Ch’Egli aveva a me donato
    Nella Sua bonta e premura,
    Con il ciglio inumidito
    Io felice ringraziavo.
    Fede e amore ran tutt’uno
    E il mio cuor riconoscente
    Ascendeva al Sommo Iddio
    E pregava sol per lei.

    Solamente dispiaceri
    Quell’amore mi frutto:
    Un tormento intollerabile
    Ilmio cuor mite afferro:
    Solamente angosce e pene
    Io raccolsi, e non sublimi
    Gioie, e invece di salute
    Ci fu sol pianto e veleno.

    Ma tacer divenne un gusto.
    Fermamente ancor speravo,
    La ripulsa mi esaltava,
    Volentier per lei penavo.
    Non centavo I patimenti,
    Ma soffrivo con letizia.
    Tutto, tutto sopportavo,
    Purche niun me la rapisse!

    El’immagine che in cuore
    Io di lei mi custodivo
    Per me era la piu bella
    Che ci fosse a questo mondo.
    Che accadeva ai sensi miei?
    Se l’amor resistera
    Sino all’ultimo respire,
    Certo in una miglior patria
    Alla fine la riavro…
    Un principio era d’amor!

    Ma cos e questo in confront
    All’amor che con la vita
    Dio c’infonde quando ancora
    On sappiamo belbettar?
    Quando, emersi dal materno
    Grembo, al seno della mamma
    Noi trovimo il primo umore
    Per sedar la nosta sete
    E negli occhi della mamma
    Noi troviam la prima luce.
    No, non ce vincoloin terra
    Che due cuori avvinca tanto
    Quanto il nodo che Dio serra
    Trauna madre ed un figliolo.

    Ed un cuore che ha intravisto
    Tante cose belle, un cuore
    Come il mio, anche se solo
    Spine ha avuto e manco un fiore,
    Puo quell cuor dimenticare
    D’una madre la bonta,
    Le premure della donna
    Che acquetava i miei vagiti,
    Mi asciugava a baci il pianto,
    Mi nutriva col suo sangue?

    Mamma, tu non crederai.
    Per il cielo che mi vede,
    Mamma, tu non crederai:
    Ma non t’ho scordata mai!

    Io son qui lontan dal bello
    E dal dolce della vita
    E le gioie dell’infanzia
    Tanto spesso decantate
    Consolar nonposson piu
    La mia cupa solitudine.
    Erto ed irto eil mio cammino.
    La ripulsa mi deprime
    E il fardello che mi porto
    Sulle spalle ognor m’opprime.
    Testimoni son le lunghe
    Ore di sconforto e pianto
    Quando in grembo alla Natura
    Triste io recline il capo.

    Spesso quando son depresso
    Un sospir quasi mi sfugge:
    “Padre, donami tra I morti
    Cio che in vita non ho avuto!
    Padre, quando verra il giorno
    Che mi bacera la morte,
    Dammi tu nell’aldila
    Cio che qui non gustai: pace!”

    Ma morendo sul mio labbro
    La preghiera a Dio non sale.
    In ginocchio io sento che
    Un sospir sfugge, ma e:
    “Non ancora, mio Signore,
    Prima rendimi mia madre!”

    (Max Havelaar, IPERBOREA, 2007, p.40-44)
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